Centrale di Santa Caterina Dopoguerra Anni dal 44 al 50

Centrale di Santa Caterina Dopoguerra Anni dal 44 al 50

La guerra finalmente finì, almeno per noi, perché dai racconti che sentivo, in continente, si combatteva ancora. Ma in Centrale la vita riprendeva, magari lentamente. ( Noi usavamo dire:  abito in  Centrale  come sinonimo di Santa Caterina, non solo, ma mia madre e le altre tre signore che abitavano nella mia stessa palazzina erano conosciute come le “signore della Centrale”). Tutto intorno c’erano ancora cumuli di macerie ma col tempo sparirono. Restò un rifugio,  dove al suono della sirena che annunciava qualche  bombardamento  le persone cercavano protezione. Non so se mi ci abbiano mai portato, ma da ragazzina sono entrata per  curiosare, era un locale stretto, buio, con pareti molto spesse di cemento armato, qualche vota lo usavamo per giocare a nascondino ma poi Il Capocentrale lo fece chiudere con un grosso cancello ormai non serviva più. Non so se esista ancora! D’estate comunque si andava a fare il bagno nel “canale”. Si trattava del canale di adduzione dell’acqua di raffreddamento dei condensatori.

Centrale Santa Caterina Dopoguerra – Gallery

Periodicamente il canale veniva dragato per mantenere un profondità di circa 2 metri.  Mio fratello quando andava a fare il bagno portava anche me che allora avevo circa tre anni. Ma un giorno mi lasciò da sola per ritornare a casa a prendere gli asciugamani che aveva dimenticato. Forse pensava che in quei pochi minuti non mi sarei mossa, invece mi incamminai verso le sponde del canale  dove una caduta sarebbe stata fatale. Ma fortunatamente arrivarono i due cani del Capo centrale che mi si accucciarono accanto,  mi sedetti tra loro che non si mossero fintanto che non tornò mio fratello . Anche se ero piccola ricordo che erano due setter di nome Miki e Neva , uno bianco e nero e l’altro bianco e marrone. Forse certi avvenimenti rimangono scolpiti nella memoria. L’acqua non era certamente quella trasparente e limpida delle nostre spiagge anzi il fondale non lo vedevi  perché era un pò fangoso per via dell’immissione dell’acqua di laveria delle miniere (così mi è stato riferito). A noi sembrava bellissimo, potevamo nuotare, prendere il sole,  raccogliere arselle e pescare (ghiozzi e cefali, sparlotte e qualche anguilla).  In quel periodo intorno al ’47 iniziò la campagna antimalarica con l’uso un insetticida noto come DDT (in realtà oltre alle zanzare uccideva pidocchi e cimici e magari pure noi!!) Fino ad allora l’unica bonifica era costituta dalle fasce forestali di eucaliptus. Per chi percorre la 126 verso Santa Caterina sono ancora visibili. Ci inondarono letteralmente perché oltre al circondario venivano irrorati anche gli interni delle case. Infine a operazione conclusa imprimevano nel muro delle abitazioni la data.  Il nostro indirizzo era : Centrale SES  S. Caterina, Palmas Suergiu ( in seguito San Giovanni Suergiu). La SES (Società Elettrica Sarda) nata a Livorno nel 1911 gestiva tutta l’elettrificazione della Sardegna. Iniziata con la costruzione della prima diga e quindi del grande invaso: lago Omodeo, ( nome dall’ingegnere che la progettò, e uno dei titolari  della società)  si diceva fosse il più  grande lago artificiale d’Europa. Furono poi costruite altre dighe, alcune delle quali,  sostituite attualmente da altre più moderne Quando iniziarono le sanzioni  l’Italia   dovette provvedere in gran parte alle sue necessità. Tra cui,  si utilizzò la lana delle pecore  per produrre un tessuto detto “orbace” con cui venivano confezionate le divise dei soldati. Ricordo le donne che col fuso filavano la lana. La chiamavano lana grezza e con quella si confezionavano maglioncini che non erano certo molto morbidi ma ci tenevano in caldo. Si diede impulso allo sfruttamento delle risorse energetiche, si intensificò l’industria estrattiva delle miniere , nel 1938 si inaugurò la città di Carbonia e fu potenziato il porto di Sant’ Antioco nelle cui vicinanze fu attivato uno stabilimento ACAI (Azienda Carboni Italiani)  per  la distillazione del carbone e la produzione della benzina utilizzando il carbone Sulcis.  Cambiati i tempi lo stabilimento è stato dismesso.

Centrale di Santa Caterina – Entrata in esercizio

Nel 1938 si costruì nell’agro di Palmas  la” potente” Centrale  termoelettrica di Santa Caterina  che entrò in esercizio nel 1939. La mia famiglia arrivò nel 1940 e l’impatto fu  traumatico soprattutto per mia madre , che dopo un breve periodo vissuto a Santa Gilla da cui andò via causa i vapori tossici che provenivano dalla vicina industria chimica,   si stabilì a  Cagliari fino al trasferimento di mio padre a Santa Caterina. Però dati i tempi difficili bisognava adattarsi alle situazioni. La Società, ai dipendenti che dovevano intervenire  d’urgenza, in caso la centrale fosse andata fuori servizio, dava la casa. Nella palazzina dove abitavo c’erano quattro  appartamenti, ognuno dei quali era costituito da un soggiorno, una bella cucina, con annesso uno stanzino adibito a lavanderia, tre camere da letto ed un bagno fornito  di un grosso scaldabagno, il nostro  pare abbia durato una quindicina d’anni, ovviamente acqua corrente.  L’energia elettrica che certo non   mancava alimentava cucina,  forno,  stufa, illuminazione (usavamo lampadine a incandescenza a 100 candele come si usava dire allora), la corrente erogata era di due intensità: 320 volt, e 160 volt.  Gli alloggi erano dotati di tutti i confort e per quei tempi era un lusso.  Al piano superiore abitava la mia famiglia  perché mio padre era capoturno  e un sottocapo centrale ma si alternavano anche altri dipendenti. Al  piano  terra stavano il capo macchina, e un sottocapo. In un’altra palazzina abitava il Capo centrale.   In un altro stabile ubicato all’ingresso vi era  una stanza  occupata dalla portineria dove soggiornava il guardiano e l’orologio timbratore dei cartellini.  Nel resto del caseggiato abitava il guardiafili con la sua famiglia. Un’altra palazzina era adibita a foresteria per accogliere gli ingegneri che venivano da Cagliari,  i montatori spesso veneti, ma per montare il quinto gruppo ne arrivò anche uno svedese. Infine vi erano altri alloggi per  altro personale. Altri dipendenti furono alloggiati a S. Antioco nelle case dell’Istituto Case Popolari. Abitando a Santa Caterina si era agevolati nel senso che l’elettricità  veniva pagata ad un prezzo simbolico, casa  gratis compresa l’eventuale manutenzione. Dietro la casa c’era un pollaio, un orto e un vigneto per ciascun a delle famiglie. C’era anche un altro fabbricato dove stavano altre famiglie e una mensa per gli operai che venivano da fuori.

Centrale di Santa Caterina Dopoguerra Anni dal 44 al 50

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