Trasporto dell’energia elettrica dalle Centrali alle Sottostazioni
Tutto ciò che ha finora scritto si riferisce ad un passato ormai lontano, ma era mia intenzione con i miei racconti e le mie esperienze far conoscere come era la vita oltre cinquant’anni fa e come la Società Elettrica Sarda abbia contribuito allo sviluppo della nostra terra. Questo cammino ho voluto percorrerlo dall’inizio ma mi fermerò all’avvento della nazionalizzazione che, secondo me, ci privò della nostra identità, perché se fino allora ci sentivamo una grande famiglia, oramai eravamo soltanto numeri, era sparito il nostro interlocutore Dopo aver descritto gli impianti termoelettrici e idroelettrici è interessante descrivere come l’energia prodotta arriva alle nostre case. Praticamente adesso parliamo delle linee. Tecnicamente il discorso sarebbe molto complesso naturalmente riferirò ancora alla situazione del passato cioè al 1961. Cercherò di semplificare al massimo, perché addentrarsi in questioni prettamente tecniche sarebbe noioso e poi questo è un racconto non un manuale di elettrotecnica. Molte notizie mi sono state riferite da persone che conoscono molto bene l’argomento. L’energia prodotta dalle centrali veniva elevata a settanta e centoventi kV e immessa sulla rete di trasporto che collegava tutte le centrali e si diramava per le stazioni di trasformazione.
Villasor centro di trasformazione e distribuzione – gallery
La rete di trasporto era stata costruita quasi interamente dalla S.E.S. Partendo da nord, centrale del Coghinas le linee seguivano il versante occidentale dell’Isola e attraverso le centrali del Tirso si dirigevano verso sud sino alla Sottostazione di Villasor dove si collegavano le linee provenienti dall’Alto Flumendosa, Taloro, e da Santa Caterina. La Sottostazione era costituita da un fabbricato principale e altri fabbricati accessori. Nel fabbricato principale si trovava la sala quadri, locali batterie, officina, magazzino, garage, l’ufficio fu studiato nei dettagli per successivo ampliamento e per l’installazione dei sincroni di regolazione. La sottostazione assunse una funzione di pilotaggio per tutta la produzione idrotermoelettrica della Sardegna divenendo il centro di controllo dei flussi di energia e ripartizione del carico. A Villasor avveniva la trasformazione da 120-70 kV e quindi le linee si biforcavano verso sud per Cagliari, Molentargiu e Santa Gilla e verso sud ovest per la sottostazione di Iglesias, le centrali di Santa Caterina e di Portovesme. Alla rete erano collegate le sottostazioni della Società Elettrica Sarda ( Sassari, Chilivani, Lixia, Borore, Ollastra, Marrubiu, Guspini, Iglesias Villasor, Cagliari, Molentargiu) e le sottostazioni di altri enti (Montevecchio, Mulargia, S. Leone, Italcementi, Monteponi, Nuraxi Figus e Serbariu). Un fenomeno molto importante era quello dei depositi salini negli isolatori cosa che imponeva particolari accorgimenti ad esempio: isolatori antisale a scanalature profonde e la loro sistematica lavatura a mano che in media veniva effettuata quattro volte all’anno. L’energia veniva distribuita con una estesa rete di linea su palificazione generalmente in castagno (le più importanti in cemento o in acciaio). Problemi tecnici importanti si aprirono dall’attuazione da parte dell’amministrazione regionale di un piano di elettrificazione per tutti i piccoli centri dell’isola. Un piano certamente encomiabile sotto il profilo sociale che aggiunse alcune centinaia di km di nuove linee a quelle preesistenti. Oramai il consumo di energia veniva assunto come indice di sviluppo economico e di benessere, se nel 1933 il consumo globale era di 80.591.000kWh, nel 1960 fu di 418.744.000 kWh. E’ significativo il fatto che esisteva una società elettrochimica (Sarda Ammonia) creata dalla S.E.S per utilizzare l’energia di cascame ma nel 1958 fu dismessa perché non vi era più disponibilità di energia di supero sebbene la produzione fosse aumentata notevolmente. La Sardegna ormai assorbiva tutta quella prodotta.
Perché raccontare di linee di trasporto di isolatori ma per ricordare i guardiafili che svolgevano un lavoro duro e faticoso, divisi in due squadre una delle quali si occupava delle linee di alta tensione e una di quelle a bassa tensione, quando vi erano dei guasti, dovevano intervenire rapidamente e seguire a piedi le linee quale che fosse il tempo. Qualche volta li ho visti in azione, allora non esistevano i mezzi con i cestelli per arrivare in cima ai pali, bisognava arrampicarsi con dei ramponi fissati agli scarponi, era impressionante vederli salire e anche questo lavoro ebbe purtroppo le sue vittime ecco perché voglio ricordarli. Con un clic accendiamo la luce o un televisore ma forse non tutti sanno quanta storia e quanto lavoro c’è dietro questo semplice gesto.
Fonte documentale e fotografica da “Mezzo secolo della S.E.S.”