Dal Diario come arrivammo a Santa Caterina

Dal mio Diario personale

Parlerò di mio padre non era sardo era originario di Battaglia una cittadina in provincia di Padova, e lavorò sodo fin da ragazzino. Infatti nel 1915, a soli dodici anni, siamo nel periodo della grande guerra, mentre i fratelli erano al fronte, fu assunto presso le Officine Meccaniche del suo paese in qualità di tornitore e aggiustatore meccanico si dice che fosse molto bravo. Nel 1923 all’età di diciannove anni  partì volontario con le truppe coloniali a Tripoli. Ogni tanto ci raccontava le esperienze del periodo in cui era militare. Una la ricordo in particolare, premesso che mio padre non sapeva suonare alcuno strumento, fu reclutato dai suoi commilitoni a far parte della banda e gli diedero un bombardino con l’unico consiglio di far finta di suonare e così fece. Pare che chi faceva parte della banda godesse di un trattamento migliore. Dopo il congedo fu nuovamente assunto  nella stessa Officina ove rimase fino al 1926. Ormai siamo in era fascista  e mio padre fu testimone delle azioni che le cosi dette “squadracce” perpetravano nei confronti di persone indifese. Ci raccontò, che un giorno, mentre rientrava dal lavoro, trovò un grande manifesto di Mussolini attaccato alla porta di ingresso di casa, che ovviamente avrebbe dovuto strappare per poter entrare. I giovani fascisti appostati vicino avrebbero avuto la scusa per menargliele. Ma mio nonno, che non si faceva intimidire da quattro delinquenti, spalancò la porta con un fucile spianato e i coraggiosi se la diedero a gambe e mio padre poté entrare in casa. Ormai vivere al suo paese diventava sempre più difficile per cui a novembre del 1926 arrivò a Cagliari e fu assunto dalla Società Elettrica Sarda e andò lavorare nella Centrale di Santa Gilla.

Dopo il matrimonio, nel 1931 andò ad abitare nelle palazzine messe a disposizione dei dipendenti dall’Elettrica Sarda. Dopo un certo periodo mia madre dovette trasferirsi in città a Cagliari perché i fumi del vicino stabilimento della Montecatini erano terribilmente tossici e nocivi per la salute. Nel 1939  l’ACAI in accordo con la Società lo trasferì a Chatillon, non so quali fossero le sue mansioni, sono solo venuta a conoscenza che gli fu offerto un posto come capo centrale a Bari oppure a sua scelta, Livorno ma rifiutò, perché dato il periodo, ci si apprestava ad entrare in guerra, sicuramente era più al sicuro a Santa Caterina, sopratutto perché che mio padre non aveva la tessera del fascio se si fosse trasferito in una di quella città i rischi sarebbero stati notevoli. Nel 1940 avendo frequentato  scuola Tecnica fu abilitato alla conduzione di tutti i generatori di vapore fissi semifissi locomobili di qualunque tipo superficie e potenzialità. Nel mese di novembre del 1940 la Società Elettrica Sarda  lo trasferì nella nuova Centrale di Santa Caterina. Come già raccontato in precedenza, l’impatto della famiglia nel nuovo ambiente non fu certo dei migliori. Mia madre arrivò a Santa Caterina in una fredda e grigia giornata di novembre  ad attenderla una casa bella con tutti i confort in una palazzina  immersa in una landa desolata, non c’erano certamente giardini o altro vi era soltanto un’altalena per far giocare i bambini. C’era poi tanta malaria e intanto si prospettavano i venti di guerra. Fortunatamente fu accolta dalla famiglia dei suoi cari amici  che proveniva come la nostra dalla Centrale di Santa Gilla. Le due famiglie rimasero sempre legate nonostante il trascorrere degli anni . Intanto la guerra era iniziata e la vita come per tutti non era facile. Lavorare  era molto rischioso perché la Centrale era spesso bersagliata e anche se suonava la sirena per avvisare delle incursioni non c’era il tempo di correre al rifugio. Continuerò a dire che il personale che lavorava in quel periodo in Centrale è da considerarsi eroico perché ogni giorno metteva a repentaglio la propria vita ma la nostra Centrale continuò a marciare nonostante i bombardamenti. Nel 1943, mio padre che aveva prestato il servizio militare nelle truppe coloniali avrebbe dovuto essere richiamato in guerra ma, essendo la sua opera necessaria in Centrale ottenne, tramite la Società Elettrica Sarda, il foglio di esonero dal servizio militare. La famiglia era nel frattempo aumentata col mio arrivo, terza figlia dopo due fratelli. Il 1943 é da ricordare per i furiosi quanto inutili bombardamenti cui fummo sottoposti. Cagliari fu distrutta, perpetrando una terribile carneficina e ridotta ad  un cumulo di macerie. In quell’anno mio fratello maggiore avrebbe dovuto recarsi a Cagliari per frequentare la scuola media ma non fu possibile e si rimandò all’anno successivo.

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