Centrale elettrica di Santa Caterina San Giovanni Suergiu CA

Centrale elettrica di Santa Caterina San Giovanni Suergiu CA

 

Da quì inizia la nostra avventura ai piedi della grande Centrale di S.Caterina a San Giovanni Suergiu.


Tutte le notizie tecniche le lasciamo agli storici. Dai  racconti dei nostri genitori che  erano dei pionieri, dato che la Centrale è stata costruita in una landa desolata dove, sempre parole loro, c’ era la “malaria a tagliare a fette”.  In effetti anche se nessuno ne parlava la gente si ammalava e talvolta moriva.  Siamo in tempo di guerra. Fame, malattie e bombardamenti erano l’attualità quotidiana. Vicino alla centrale vi erano le case dei dipendenti. Quella del capocentrale,  una palazzina di quattro appartamenti occupata dalle famiglie del capoturno, capomacchina e sottocapo centrale.

La foresteria, altro fabbricato ad uso alloggi dei tecnici e dirigenti di passaggio. Infine, all’ingresso della strada che portava alla centrale, la portineria, abitazione del guardiafili.  Annessa a questa,  la stanza del timbratore  dove soggiornava il guardiano, il quale ad orari stabiliti, faceva il giro di ispezione di tutta la zona. Per noi era IL GUARDIANO. Non importava il nome. Esso rappresentava la sicurezza.

Questi sono i primi bambini che  hanno abitato a Santa Caterina e si vede bene la desolazione che li circonda. Non erano certo  inizi promettenti se si pensa che si era soggetti a bombardamenti da parte degli alleati. Una bomba  centrò la palazzina del Capo centrale, il quale si salvò per miracolo rimanendo in tuta e scarponi. Fu anche danneggiata la nostra abitazione. Infatti conservo ancora la scheggia che penetrò in casa buttando giù una specchiera distruggendone il contenuto (servizi di piatti, tazzine ecc.). Un’altra una bomba colpì la zona caldaie distruggendo il camino della quarta caldaia. Altre bombe colpirono i binari impedendo l’approvvigionamento del carbone e un’altra colpì la stazione di trasformazione all’aperto. Ma grazie all’abnegazione e il coraggio degli operai,  la Centrale non si arrese e  continuò a marciare nonostante i danni  riparati  in via provvisoria e con mezzi di fortuna. Per  protezione la  zona era stata circondata da fortini e qualcuno è ancora visibile, magari diroccato. Infine nelle vicinanze fu dislocata una Batteria di difesa contraerea con delle mitragliatrici pesanti Breda.  Qualche bambino ci si è fatto fotografare (sono i miei fratelli: Luciano e Guido che a detta di mia madre fraternizzavano con i soldati da cui erano benvoluti).

A tal proposito mia madre raccontò che un giorno ai soldati erano stati dati dei cibi che però andavano cucinati e avevano necessità di un grosso tegame e dal momento che questi ragazzini andavano spesso negli accampamenti chiesero a mio fratello se poteva procurarlo. Luciano, il più grande dei due e che era “affarista” se lo fece prestare da mia madre e con quello e il fratellino Guido  andò all’accampamento a portare il tegamone ai soldati. A tarda sera i ragazzini non erano ancora rientrati e già i miei genitori cominciavano a preoccuparsi, finalmente rientrarono a casa col tegame nerissimo di fuliggine ma pieno di sigarette per mio padre (in quel periodo le sigarette scarseggiavano) e in più si erano fatti rapare dal barbiere del battaglione. Da quanto si  venne a sapere, il tegame veniva usato e poi passato di tenda in tenda ed ecco il perché del ritardo) e i soldati “pagavano l’affitto” in sigarette. Ecco il motivo per cui bambini della foto appaiono con la testa rasata a zero!!

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