Il Capo centrale una persona che non dimenticherò mai

Il  Capo centrale una persona che non dimenticherò mai

Voglio ricordare persone che sono state molto importanti in tutto il periodo trascorso a Santa Caterina o meglio alla Centrale come usavamo dire. Quando venivano degli ospiti gli faceva visitare la Centrale e  naturalmente non mancavo di andare. Come si entrava il rumore era  assordante, pensare che di questi tempi non solo non saremmo potuti entrare ma nel caso avremmo dovuto portare caschi e cuffie.( I dipendenti come casco usavano un basco ben visibile in alcune foto e una tuta blù con la scritta SES in rosso nel taschino, in seguito cambiò in una divisa sempre blù ma costituita di giacca e pantaloni e nel taschino sempre la scritta in rosso SES sostituita poi dalla scritta ENEL). All’interno della centrale, tramite una scala a chiocciola si passava di piano in piano, ma i piani  era separati  da grosse grate, confesso che camminarci sopra mi dava un po’ fastidio, man mano che si procedeva nei vari locali venivano date tutte le spiegazioni. La visita infine si concludeva in sala quadri , dove stava tutta la strumentazione di controllo, era un locale luminoso, molto pulito e abbastanza silenzioso . In centrale entravo soltanto,  quando per motivi di servizio, mio padre faceva il doppio turno e talvolta gli portavo il cestino con la cena, di solito arrivata all’ingresso della centrale trovavo qualcuno ad aspettarmi e mi accompagnava  da mio padre in una stanzetta, almeno cosi mi pareva, accanto al locale caldaie e poi mi riaccompagnava all’ingresso e tornavo a casa.

A capo di tutto c’ era il mitico Capo centrale che per me ma anche per gli altri ragazzi è stata un figura molto importante una specie di capo carismatico. Oltre al suo lavoro riorganizzò la  peschiera che divenne molto produttiva ed assieme a mio padre organizzò la Società Polisportiva Electra un sodalizio i cui atleti di grande valore erano dipendenti della Centrale stessa che oltre al lavoro si dedicavano allo sport con ottimi risultati.  Andavo spesso trovarlo, era  una persona veramente notevole, di vasta cultura infatti la sua biblioteca era molto fornita e spesso mi prestava dei libri. Era un grande amante della natura  e degli animali.  Nel suo giardino a parte le tante varietà di fiori, piante c’era una maialina di nome Fifì, galline, tanti pappagallini e canarini, e non dimentichiamo i cani che erano miei grandi amici. Alcuni cani a volte giravano liberi per il cantiere e due di loro mi salvarono la vita. Comunque i canarini erano i suoi preferiti. Mi raccontò che da studente a Belluno (sua città natale)  la sua camera di studio era nella mansarda dove teneva le gabbie con i canarini, mentre studiava gli uccellini uscivano dalle gabbie aperte e si posavano sulla sua mano e beccavano il mangime . Un giorno mentre svolazzavano nella stanza qualcuno aprì la finestra e volarono via. Rientrato da scuola andò nella sua mansarda e con sconcerto vide tutte le gabbie vuote e di canarini neanche uno. Non si perse d’animo aprì la finestra  si mise in mano il becchime, come faceva tutte le sere, e pian piano tutti i fuggitivi rientrarono. Molto singolare fu la sua amicizia con un geco. Mi raccontò che, quando lavorava ad Oschiri soggiornava in un albergo dove pare che ad un certo punto mentre si lavava le mani si avvicinò un geco  e nacque un’amicizia, ogni giorno quando rientrava dal lavoro nel lavandino trovava ad attenderlo la bestiola. Il personale dell’albergo sapeva che la bestiola non andava toccata. Purtroppo assunsero una nuova cameriera che non era stata informata della storia.  Quando rientrò non trovò il suo amico ad aspettarlo,  immediatamente chiese spiegazioni al personale e si fece avanti una cameriera che tutta orgogliosa disse che aveva ucciso quella bestia. Non so cosa le disse ma se avesse potuto l’avrebbe annientata. La sua casa era circondata da tante piante aiuole fiorite ed una fontanella con una vaschetta che d’estate si riempiva di raganelle che assieme ai grilli facevano un bel concerto,  era  un piccolo parco. Aveva piantato varie piante da frutta tra cui due splendidi gelsi decise quindi di allevare dei bachi da seta. La sera andavo a casa sua salivo sulle piante raccoglievo le foglie per i bachi e le more per me. Andavamo quindi a dar da mangiare i bachi erano bellissimi e crescevano bene ad un certo punto nel loro abitacolo si misero dei rami  i bachi si arrampicarono ed attaccati ai rami cominciarono a filare la seta e formare il bozzolo. Fu un’ esperienza  molto interessante. Fisicamente era un uomo alto e robusto ma non aveva capelli la cosa mi sembrò strana e mia madre mi spiegò che lo aveva conosciuto , durante una gita al Coghinas, era magro e aveva tutti i capelli, che poi perse in un incidente sul lavoro.  Poteva apparire burbero ma era una persona di gran cuore, credo che non abbia mai negato il suo aiuto a chiunque avesse avuto bisogno. Sempre nel  racconti dei miei genitori subito dopo la guerra  divenne il primo sindaco di San Giovanni Suergiu (allora Palmas Suergiu) e con il Parroco, il medico condotto e la Levatrice  fece parte di un ente di assistenza. Si può dire che in tempi così duri non mancò di prodigarsi per aiutare il prossimo. Era un uomo schivo e della sua beneficienza non ne parlava. Sempre a sentire i miei genitori pare che si dichiarasse ateo ( però si dice che la Centrale fosse dedicata al Sacro Cuore e sia stata anche benedetta, allora usava così, anzi a volte penso che sia stata protetta perché nonostante le varie incursioni aeree la centrale fu colpita soltanto una volta di striscio senza alcun danno né ai dipendenti né al capo centrale la cui palazzina fu colpita in pieno ).  Per Natale e Pasqua  andavamo a trovarlo per fargli gli auguri , poi tutti in Chiesa a San Giovanni col mezzo che ci metteva a disposizione. Non solo ma durante il passaggio della Madonna  Pellegrina a Santa Caterina mise a disposizione i locali, appena costruiti per ospitare il nuovo magazzino, dove fu allestito l’altare e sostò  il simulacro della Madonna a noi sembrava bellissima col suo manto celeste. Venne il Parroco di San Giovanni e per celebrare la Messa darci la Prima Comunione e il pomeriggio venne anche il Vescovo da Iglesias e ci impartì la Cresima. Fu una giornata molto bella  e importante per noi bambini di Santa Caterina che si concluse la sera con il classico invito. Da quel momento frequentai la Chiesa di S. Giovanni, mi iscrissi assieme alla mia amica all’Azione Cattolica fui prima Beniamina poi Aspirante e la mia Catechista si chiamava Laura era una persona dolcissima tanto che dopo tutti questi anni la ricordo con affetto. Periodicamente si organizzavano delle lotterie e mi veniva consegnato un libretto con i biglietti, ma Santa Caterina non eravamo  tanti e quindi  ne vendevo pochi, allora dietro consiglio di mio padre, come al solito, andavo da  Signor Cadorin e lui sempre generoso me li acquistava tutti. Per me era un grande amico  durante l’inverno quando rimanevamo in pochi, spesso andavo a casa sua a trovarlo magari per chiedere spiegazioni quando avevo qualche dubbio scolastico. Conservo ancora i libri che mi ha regalato in varie occasioni. Per la promozione alla quarta ginnasio invece mi regalò una macchina fotografica,  per questo che ho tante foto. Di solito non si spostava da casa sua  ma quando lo invitai alla festa per il miei sedici anni non mancò e mi regalò in bellissimo libro, con dedica, che conservo ancora. Venne a casa quando i miei organizzarono una cena a base di polenta e baccalà e varie altre specialità venete  innaffiate col vino della nostra vigna. Gli invitati erano il Capo centrale il parroco di San Giovanni  Don Sairu, Don Secchi e dai due sacerdoti  della chiesa di Carbonia che provenivano dalla basilica di S. Antonio da Padova. Posso dire che era partecipe degli eventi  mia famiglia, infatti fu lui a comunicarci che mio fratello aveva conseguito la laurea in Ingegneria  e secondo me ne era anche orgoglioso e fu sempre lui a comunicare la nascita della nostra prima nipotina. Fu sempre l’ospite d’onore in tutte le nostre feste. Ci diede sempre buoni consigli e penso che noi ragazzi e tutti i dipendenti fossimo un po’ la sua famiglia, era un appoggio e una sicurezza e se Santa Caterina da un deserto diventò un giardino in gran parte lo dobbiamo al suo amore per la natura e grazie a lui se ci siamo stati così bene. Quando fu trasferito a Villasor, Santa Caterina non fu più la stessa, ne sentivamo la mancanza e appena possibile lo andavamo a trovare, nessuno lo aveva dimenticato. Quando ci lasciò per sempre,  qualcuno disse rivolgendosi a mia madre: ” quanto sarebbe bello se potessimo ritrovarci tutti come allora Santa Caterina, stavamo veramente  bene”.

Ma siamo arrivati a l 1979 e quella Santa Caterina esisteva ormai solo nei nostri ricordi.

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