Bambini della Centrale di Santa Caterina

Bambini della Centrale di Santa Caterina

Certo che l’incontro dei primi bambini con Santa Caterina o la Centrale  o anche Cantiere come la chiamavano noi, non deve essere stato molto facile. Il posto non era molto accogliente se si pensa che, a parte le abitazioni e ed altre strutture satellite alla Centrale cioè la falegnameria, l’officina e il magazzino tutto il resto era deserto. Davanti alla nostra palazzina c’era soltanto un altalena. Ricordiamo che  siamo in piena guerra e quindi in tempi molto difficili. Nacqui  in quegli anni (1942) finora ho sempre pensato di essere la prima bambina nata a Santa Caterina ed invece ho scoperto il primato spetta ad un’altra bambina Annamaria, nata esattamente un mese prima della sottoscritta ma poco male. Quindi noi due eravamo le più piccoline. Ricordo che questa bambina è stata la mia prima amichetta,  giocavamo con i pochi giocattoli che potevamo avere in quel periodo. Mio padre mi fece fare dal falegname un lettino per la bambola un piccolo tavolino e due minuscole sedie, la bambola era una piccola Lenci di nome Greta a cui mia madre o mia zia facevano i vestitini. Non possiedo foto di questa amichetta e non posso darle un volto ma in tutti questi anni il suo nome è stato sempre nei miei pensieri. Qualche anno dopo nacquero altri bambini e la popolazione cominciava ad aumentare tanto più che la guerra era fortunatamente finita. Nel 1947 in portineria venne un famiglia con cinque figli tutti più o meno della nostra età  una di queste bambine, Grazietta, divenne la mia migliore amica siamo state assieme fin all’età di circa tredici anni ma poi il padre fu trasferito

a Sassari e dopo un certo periodo di corrispondenza ci siamo perse di vista. Nella nostra palazzina viveva anche la famiglia del sottocapo centrale che era abbastanza numerosa, si componeva  di cinque figli. Agli inizi degli anni cinquanta eravamo diventati un discreto numero, però questo numero variava  in quanto alcune famiglie venivano trasferite ma in compenso ne arrivavano delle altre. Per motivi di età ci si divideva in gruppi ma spesso giocavamo tutti assieme. Il mio fratello maggiore che era il più grande degli altri ragazzi, organizzava dei giochi. Ricordo ancora le partite di calcio giocate con squadre di bottoni sul marmo del tavolo della nostra cucina. Mio fratello qualche anno fa ci ha lasciato e mentre mia nipote metteva ordine nelle sue cose ha trovato un sacchettino con la sua squadra di bottoni ed è stato veramente triste pensare che aveva conservato per tutti  questi  anni la sua Lazio in formato bottoni.

 

Aveva con grande pazienza costruito il monopoli con tanto di tabellone e accessori ed il pomeriggio d’estate ci riunivano a giocare mentre la radio trasmetteva il giro di Francia . Un giorno un ragazzino stava disturbando in modo particolare, mio fratello era abbastanza paziente ma quella volta la pazienza finì per cui gentilmente lo accompagnò alla porta, dopo pochi minuti sentimmo suonare il campanello e, come d’abitudine dicemmo “avanti ” senza muoverci dalle sedie, a Santa Caterina le porte non erano chiuse a chiave. Nessuno entrava e alla terza scampanellata andammo ad aprire la porta e mio fratello si trovò davanti  il ragazzino in ginocchio che a testa bassa e mani giunte diceva  “perdonami fratello severo”. Furono risate a non finire, il ragazzo fu riammesso al gioco e a mio fratello rimase il soprannome. Certo  che a quei tempi di giochi non v’erano tanti e quindi bisognava ingegnarsi. Facevamo anche delle gare “automobilistiche”,  la pista la costruivamo nella sabbia  e i “bolidi” erano  lumache appositamente bilanciate.

Col  tempo, oramai ero cresciuta, ma sono sempre rimasta a Santa Caterina fino al 1965  e la Centrale era sempre la mia casa  e il canale la mia spiaggia.  Bambini non ne mancavano, ogni tanto si festeggiavamo nuove nascite. I bambini al mare non potevano andare da soli vuoi perché erano piccoli ed inoltre non sapevano nuotare quindi venivano assieme a me, la cosa che non mi dispiaceva perché praticamente ero rimasta sola e quindi mi facevano compagnia, in compenso ad alcuni di loro ho insegnato a nuotare. C’era un gruppetto di fratellini e sorelline della famiglia Ibba che abitava nella portineria, tutte le mattine  mi aspettavano con asciugamano e salvagente (i salvagente erano camere d’aria di auto e di camion)  all’ingresso della portineria . Li portavo volentieri perché erano ubbidienti e seguivano i consigli. I più temerari si tuffavano dai pilastri del canale inforcando il salvagente (non sapevano nuotare) naturalmente erano sempre sotto controllo, comunque qualcuno ha imparato a nuotare . Tutto ciò accadeva all’inizio degli anni sessanta e ormai questi bambini sono ormai adulti e chissà se  ricordano ancora i nostri bagni nel canale.

 

 

 

 

 

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Una risposta a “Bambini della Centrale di Santa Caterina”

  1. CIAO MARINELLA
    BLOG BELLISSIMO E MOLTO INTERESSANTE.
    AN ABBRACCIO E …..AD MAIORA
    SISSO GRAZIELLA E LE BAMBINE

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