Centrale Termoelettrica Santa Caterina sua dismissione Societa Elettrica Sarda

Centrale Termoelettrica Santa Caterina sua dismissione Societa Elettrica Sarda

La dismissione della Centrale di Santa Caterina che era ancora proprietà della SES, fu decisa per vari motivi, in primo luogo perché il prezzo del kwh  era alto  anche se utilizzava il carbone Sulcis  a costi ridotti. Data la crisi storica delle miniere (la allora Società Mineraria Carbonifera Sarda sopravviveva grazie alle sovvenzioni regionali),  il carbone con quelle caratteristiche non era più richiesto dal mercato e al porto di S. Antioco il carbone depositato era alto quanto le gru di movimentazione dello stesso. Ho voluto riportare la foto dell’orologio, che per tutto il periodo in cui la Centrale era in esercizio, ha timbrato con precisione i cartellini di tutti i dipendenti.

Nel mercato dei combustibili di allora era facile approvvigionarsi di carboni di origine inglese o sudafricana e certamente la qualità/prezzo non potevano essere confrontati col carbone Sulcis, per cui la SES aveva optato per l’acquisto di partite di questi combustibili anche se gli organi regionali erano nettamente contrari. Nei programmi della SES c’era la riconversione ed il potenziamento di Santa Caterina e la costruzione di una nuova centrale termoelettrica a Santa Gilla (Cagliari).lLa taglia degli impianti era, tenendo conto della potenza e dell’ energia richieste (la clientela e la rete elettrica in Sardegna erano praticamente monopolio della SES) e dell’incremento annuo della domanda, programmata per i prossimi 20 anni. La costruzione degli impianti e la loro disponibilità all’esercizio era, che ogni nuova unità entrasse in servizio ogni 5 anni iniziando dalla prima unità di Santa Gilla la cui costruzione era partita nel 1963. Erano stati previsti gruppi della potenza unitaria di 100 MW ad olio combustibile (a quel tempo a basso prezzo) e a carbone. Per tale attività la SES aveva provveduto ad inviare presso gli impianti di Napoli Levante e Vigliena a San Giovanni a Teduccio (Società Meridionale di Elettricità) del personale dipendente in addestramento, in accordo anche con i costruttori degli impianti stessi, che avevano l’ordine per il gruppo 1 di Santa Gilla e l’opzione per gli altri tre gruppi (gruppo 2 di Santa Gilla ed  i due di Santa Caterina).

Con l’avvento della nazionalizzazione tutti questi programmi vennero stravolti.

Il gruppo 1 di Santa Gilla venne dirottato altrove, al suo posto, un gruppo proveniente da ordine di un’altra società, della potenza di 37 MW, gruppo complesso sperimentale che poi è servito per i seguenti scopi: sperimentazioni bruciatori per impianti da 320 MW, modifiche varie al sistema caldaia ed alla conduzione sperimentali di nuovi tipi di comandi ecc..Il gruppo 2 sempre di Santa Gilla, proveniente da altro Compartimento, della potenza di 30 MW  ridotti poi in fase di costruzione. Santa Caterina: demolizione delle parti elettromeccaniche e termiche ad esclusione delle infrastrutture civili, idrauliche e logistiche. Questo un attesa di…. e poi per oneri gravosi.. non proseguo perché è sotto gli occhi di tutti  ciò che alla fine è accaduto. In questo panorama  energetico  alcuni amministratori regionali avevano avanzato di fatto l’esigenza per la regione di diventare concorrente della SES. Era stata già costruita a Portovesme la Centrale della STES (Società Termoelettrica Sarda controllatata dalla regione) con 2 gruppi a carbone. Erano anche in costruzione, da parte dell’EAF (Ente Autonomo Flumendosa società controllata dalla regione) nelle dighe del medio Flumendosa e Mulargia, le centrali idroelettriche di Uvini e Santu Miali.

A  Portoscuso intanto era in costruzione la centrale Sulcis, ordinata con 3 unità della potenza unitaria di 240 MW delle quali, due furono montate, la terza fu dirottata alla Centrale di Fiumaretta a Civitavecchia. La richiesta di energia, anche se in rapida ascesa, era abbastanza modesta, si pensi che la punta massima di potenza richiesta era inferiore a 100 MW e che la regolazione della frequenza/potenza era effettuata dalla Centrale idroelettrica del Flumendosa con una potenza disponibile di 40 MW. Nello stesso periodo  cioè nel 1961 era entrata in esercizio la centrale idroelettrica del  Taloro della SIT (Società Idroelettrica Taloro controlla dalla SES) potenza installata 70 MW. La regione aveva anche predisposto una società l’AGES (Azienda Generale Elettricità Sardegna) che di fatto doveva gestire la rete di distribuzione.

In questo panorama di sistema senza controllo e programmazione iniziarono le prove per la messa in esercizio della centrale Sulcis, che fin dall’inizio dovette pagare le difficoltà di inserimento in una rete elettrica che non assorbiva nemmeno la potenza “minimo tecnico” al sotto del quale si rischia di provocare danni irreparabili alle turbine per trascinamenti di acqua nel vapore di alimentazione delle stesse.  “Tratto da: Santa Caterina Quale futuro? Autore G.Frare”

Centrale Termoelettrica Santa Caterina sua dismissione.  Società Elettrica Sarda

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